Paola Zaghi, podista, amante della corsa, tesserata per il G.S.Zeloforamagno, protagonista delle gare del Club del Miglio, racconta come è iniziata la sua passione per questo sport.
Le sue risposte fanno emergere l’immagine di un’atleta positiva, sempre disposta a mettersi in gioco e non arrendersi mai. Per lei un eventuale traguardo non raggiunto diviene un trampolino per un altro, nella continua ricerca e voglia di migliorarsi non solo nello sport ma soprattutto nella vita.
La incontriamo nelle gare con il suo consueto sorriso e un’indomabile determinazione.
Da quanti anni corri e perché hai iniziato?
Correre mi è sempre piaciuto.
Avevo circa otto anni quando, con una decina di amici che, come me, abitavano in un paesino di circa 4000 anime posto a metà strada tra Bergamo e Milano, organizzammo quelle che definimmo “miniolimpiadi”. Avevamo preparato le medaglie in carta e uno dei nostri genitori fungeva da giudice di gara. Conservo ancora nel cassetto la mia medaglia di “bronzo” conquistata nella gara di corsa. Alle superiori ho vinto la campestre di fine anno battendo la compagna di scuola data per favorita. Più tardi ho cominciato a correre con criterio e costanza, facendo allenamenti infrasettimanali e gareggiando la domenica. Nel 1996 avevo 27 anni e mi ero fidanzata da poco con un ragazzo che correva le maratone. Poiché aveva in programma la Stramilano agonistica, decisi di accompagnare lui e i suoi amici a Milano e di correre finalmente, dopo anni di propositi mai realizzati, la non competitiva. Fu così che dopo aver assistito alla partenza del mio fidanzato, mi recai in piazza del Duomo per il via della non competitiva e corsi tutti i 12 chilometri senza avere alle spalle il minimo allenamento e indossando scarpe comperate al supermercato che definire “approssimative” sarebbe un eufemismo. All’arrivo ho avuto i primi crampi seri della mia esistenza, e per tutta la settimana successiva il minimo movimento mi procurava dolori lancinanti alle gambe.
In quell’occasione dentro di me è scattato qualcosa. Una volta smaltita l’overdose di acido lattico, per esorcizzare la sensazione di decadenza fisica e di inadeguatezza che mi avevano suscitato i dolori muscolari, ho iniziato ad allenarmi sistematicamente e da allora non ho più smesso.
Qual è la tua distanza preferita?
Non ho una distanza preferita. Mi è sempre piaciuto provare qualunque tipo di gara. Negli anni mi sono data obiettivi diversi: dalla maratona al miglio, trovando nel mio coach Pino Guarnaccia un valido “alleato” contro la monotonia. Agli inizi, per coprire le gare in occasione dei campionati di società, mi è capitato perfino di correre in pista la staffetta 4x400m e gli 800m.
Correre è bello su qualunque distanza e su qualunque terreno, anche se negli ultimi tempi mi costa fatica alzarmi presto nelle fredde domeniche invernali per gareggiare nelle competitive, soprattutto nelle campestri.
Secondo te, è cambiato qualcosa nella considerazione della figura femminile nell’atletica?
Frequento l’ambiente podistico solo da vent’anni e prima ne ignoravo completamente l’esistenza.
Non saprei se per l’atletica di alto livello la considerazione di cui godono le atlete si sia evoluta con gli anni. Nel mondo amatoriale, invece, ho constatato di persona che vent’anni fa spesso i premi riservati alle donne erano notevolmente più modesti di quelli riservati ai maschi o addirittura non venivano previste premiazioni riservate alle donne. Negli ultimi anni mi è capitato molto raramente di vedere disparità tra le premiazioni maschili e femminili. Penso che questo sia in parte dovuto alle osservazioni costanti di alcune donne podiste nei confronti degli organizzatori delle manifestazioni.
Il club del miglio: quali sono, per te, i motivi per partecipare e cosa ne pensi dell’iniziativa del passaporto?
Partecipo alle gare del club del miglio dagli esordi dell’iniziativa quando ancora, a parte i programmi mensili pubblicati su alcune riviste specializzate, i volantini erano l’unico modo per conoscere le date e i regolamenti delle gare.
Ricordo le mie prime gare, dal Miglio Ambrosiano corso a Cesano Boscone lungo i viali del centro Sacra Famiglia, al Miglio di Voghera in versione serale con due giri in un circuito cittadino di 800 metri con arrivo in salita. Il miglio è una gara molto impegnativa dal punto di vista psicologico: veloce, ma abbastanza lunga da richiedere una tattica. La nascita del club ha permesso di confrontarsi con gli avversari su gare dotate di caratteristiche molto diverse per quanto riguarda il percorso. Non solo pista, ma anche molta strada.
Ci si affeziona agli avversari e si fa il tifo per i compagni di squadra e per gli amici di altre società, ritornando volentieri ogni volta con motivazioni diverse.
Il passaporto secondo me è un’ottima iniziativa ed è uno stimolo in più per non perdersi nemmeno una delle dieci gare del programma.
Qual è il tuo prossimo sogno da realizzare correndo?
Non ho un sogno definito.
Non posso più permettermi di avere l’ambizione di battere record personali o di ottenere prestazioni sportive eccezionali.
In questi anni di corse ho realizzato il sogno di viaggiare molto e spessissimo sono riuscita a coniugare i viaggi con le gare.
Ho gareggiato nel deserto africano, sulle Dolomiti, sulle isole più belle d’Italia ed estere, sempre in compagnia di amici veri che ho conosciuto correndo e che per me sono una seconda famiglia.
Più che un sogno è una speranza: mi piacerebbe non perdere con gli anni l’entusiasmo per l’impegno fisico e per la sana competizione, quell’entusiasmo che mi ha aiutato anche nella vita di tutti i giorni e che mi ha spinto a lottare per un obiettivo e a non arrendermi di fronte alla delusione di un traguardo mancato trovando in ciò lo stimolo per fare meglio.